Aveva quindici anni Giacomo
Leopardi (Fig.1) quando scrisse la
"Storia dell'astronomia", un trattato scientifico che raccontava la
grande storia dell'universo dalle origini fino al suo tempo. Era il 1813,
Leopardi viveva ancora nel suo paese natale, Recanati; e, attraverso gli anni
dello studio, chiuso nelle stanze della biblioteca di suo padre (Fig.2) scrisse il testo di carattere scientifico
che venne pubblicato nel 1888. L'interesse per l’astronomia del giovane
Leopardi, nacque da due eventi che segnarono la sua percezione dei fenomeni
astronomici. Vediamo come: Giacomo Leopardi era un giovane studioso, dal fisico
debilitato, senza grandi amicizie o interessi diversi dallo studio, e
l’osservazione delle stelle. L’evento dell’eclissi totale di Sole del 1804 e
l'osservazione di una cometa, lo colpirono molto, tanto di approfondire le
ricerche degli infiniti mondi oltre il nostro. Nacque così la "Storia
dell'astronomia" (Fig.3), un poema di
prosa dedicato alla scienza del cielo.
Dunque, non un esercizio di
pura erudizione, ma una grande attività di ricerca e studio fui fenomeni
astronomici; così come dimostrano i diversi libri pubblicati sull'argomento; e
non solo per le citazioni di sintesi di tutte le informazioni astronomiche, ma
anche per la modernità di alcune questioni. Per Leopardi la possibilità di
mondi infiniti, della vita su altri pianeti era più che possibile. Era convinto
sull'esistenza degli alieni, da lui ritenuti popoli intelligenti di altri
mondi. Grande sostenitore del lavoro di Newton e Galilei. Argomenti da lui
riportato nel suo trattato scientifico. E per omaggiare la figura del Giovane
favoloso, che la compianta scienziata Margherita Hack pubblicò il seguito dal
titolo "Storia dell'astronomia. Dalle origini al Duemila e oltre" (Fig.4). Sottolineando di più, l'importanza del
pensiero leopardiano nella formazione di tutti gli italiani, trasversale alle
discipline, dalla letteratura alle scienze applicate. Nella sua opera, Giacomo
Leopardi ripercorre le fasi
evolutive dell’astronomia, fino ai risvolti scientifici a lui contemporanei. Un testo scritto a
“due mani” nel quale due autori, Giacomo Leopardi e Margherita Hack, solo in
apparenza fra loro estranei e lontani, li unisce la passione per l'astronomia.
Una "saldatura" fra il poeta dell'Infinito e l'eminente astrofisica.
La prima parte del libro, che giunge sino agli inizi dell'Ottocento, appartiene
a Giacomo Leopardi; mentre la seconda parte scritta da Margherita Hack,
comincia dove Leopardi finisce e si proietta sino a illustrare le prospettive
aperte sul XXI secolo dalle straordinarie conquiste più recenti. Potremmo dire
che lo scienziato moderno "prende per mano" lo studioso giovinetto
dalla biblioteca di Recanati, lungo l'affascinante itinerario della scoperta
astronomica. L’osservazione della volta celeste ha sempre interessato l’uomo, a
partire dagli Egizi ed i Babilonesi, che la studiavano per leggere il pensiero
degli dei. Nacque la matematica, dalle tavole di interpretazione del cielo e
degli astri. Si capì che Il ciclo diurno e notturno della sfera celeste poteva
regolare anche le attività economiche, come l’agricoltura ed il commercio
marittimo. Si ebbe la consapevolezza del moto apparente delle stelle; il sorgere ed il tramonto, un fenomeno giornaliero
che avveniva da est verso ovest. La Scoperta delle 88
costellazioni, suddivise in boreali, classificate dai Greci, ed australi
utilizzate dai marinai. Appurato il moto ciclico degli astri, venne definito
giorno siderale quello in cui le stelle riprendono la loro disposizione originaria nel cielo, definito come
l’intervallo di tempo compreso tra due successivi transiti dell’equinozio.
Venne poi presa in considerazione la Luna, il corpo più mutevole, poiché sorge
un’ora più tardi giorno dopo giorno. Ma Leopardi e ritenuto anche il maggior
poeta dell'Ottocento italiano
e una delle più importanti figure della letteratura
mondiale, nonché una delle principali del romanticismo
letterario; un filosofo di spessore. La straordinaria qualità lirica della sua
poesia lo ha reso un protagonista nel panorama scientifico, letterario e
culturale. Un grande poeta, autore di molteplici poesie, capolavori di
letteratura:
L'infinito (poesia scritta a Recanati tra il 1818 e il 1819);
La
quiete dopo la tempesta (poesia
scritta nel 1829);
Il
sabato del villaggio (poesia
scritta a Recanati nel 1829);
A Silvia (poesia scritta nel 1828).
Tra le tante, l’Infinito,
probabilmente ispirata agli spazi silenziosi dell’Universo che lui tanto amava
osservare, al di la del colle prospiciente la città di Recanati; quando, al
calar del Sole, si apriva uno straordinario panorama stellato (Fig.5). Una assonanza tra i versi poetici
Leopardiani e le immagini poetiche del creato.
L’infinito
Sempre caro mi fu quest’ermo
colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E
il naufragar m’è dolce in questo mare.
Il conte Giacomo Leopardi era nato a Recanati, il 29 Giugno 1798 e venne a mancare a il
14 Giugno 1837 a Napoli, dove è sepolto nel Parco Vergiliano di Piedigrotta.